Dal 2 novembre al 14 dicembre nelle sale dello Spazio CEDAP, le due nuove mostre che concludono la stagione 2023 del Museo di arte ambientale Organica: per la sezione di arte contemporanea, l’appuntamento è con Container,il nuovo progetto installativo dell’artista Pietruccia Bassu a cura di Valerio Dehò, mentre la sezione di fotografia ospita la mostra Antonello Menicucci e l’architettura organica, retrospettiva dedicata all’architetto Menicucci, autore del progetto dello Spazio CEDAP, che oggi ospita il Museo Organica.
La poetica dell’artista Pietruccia Bassu rinnova il senso di appartenenza ad una tradizione, ad una storia, costruendo dei progetti sul senso di continuità e di riappropriazione della memoria. La sua idea di fondo è quella di ritrovare nelle pratiche e nei linguaggi del contemporaneo, la possibilità di tramandare gesti, tecniche, particolari che appartengono alla tradizione della sua famiglia. Con il lavoro installativo Container, l’artista trasporta nello spazio espositivo del Museo Organica non solo idealmente, ma anche attraverso le piante catastali, la casa di famiglia di Ittiri. Lo spazio espositivo diventa in tal modo speculare della casa genitoriale, luogo in cui si depositano ricordi e memorie. Il titolo rimanda semanticamente non soltanto a un luogo, a uno spazio chiuso, a un contenitore, ma anche a tutte le pratiche relative e ai significati accessori quali trattenere, reprimere, evitare manifestazioni eccessive dei sentimenti.
Parte integrante del progetto espositivo sono i cassetti, contenitori che ospitano aspettative, mancanze, privazioni, socialità tra lo spazio pubblico del piano terra dell’abitazione familiare e lo spazio privato del primo piano. La mostra è curata dal critico d’arte Valerio Dehò che, nel testo critico che accompagna l’esposizione, illustra la poetica sottesa al lavoro: “Ogni casa possiede una sua memoria, le pareti sono fragili contenitori di affetti, di sconfitte, di cose che si potevano dire e non si sono dette, di cose che si volevano ascoltare, ma nessuno le ha mai pronunciate, e anche di oggetti. Sono gli oggetti che parlano di noi in nostra assenza, ma sono questi che hanno una vita propria, che si mostrano e dimostrano portatori di un’esistenza separata dalla nostra. I cassetti diventano non solo i contenitori degli oggetti depositati, ma anche una sorta di rifugio della memoria, una diretta e semplice forma di archiviazione, ma anche spesso di inconsapevole dimenticanza. Strutture ordinate che cercano di supplire alle sovrapposizioni dei ricordi”.
Pietruccia Bassu nasce a Sassari nel 1969 e si forma all’Accademia di Belle Arti della sua città. L’artista sassarese appartiene a quella corrente che intravede nell’arte contemporanea la possibilità di preservare i dati antropologici, le consuetudini, i ricordi delle generazioni passate, utilizzando l’arte come archivio, deposito di tracce. La Bassu ricerca memorie personali tese a non disperdere il luogo d’origine e i suoi simboli rituali, servendosi di diverse tendenze espressive, dal video all’installazione e avvalendosi di oggetti dall’alto contenuto simbolico che nelle sue opere assumono modalità estetiche e concettuali nuove. Ha partecipato a mostre collettive e rassegne. Numerose le mostre personali e gli interventi artistici in spazi urbani in Sardegna e sulla Penisola.